Chiese

Chiesa Madre di San Marcellino Martire

Dedicata al santo patrono (“Divo Marcellino Presb. et Mart. Paroecia dicata”), la sua costruzione risale al 1125, su una preesistente cappella, ubicata sul lato orientale, intitolata sempre a San Marcellino, per ricordare il suo passaggio nei viaggi ecclesiastici. La chiesa è stata rimaneggiata nella seconda metà del XVI secolo e nel XVIII secolo, ed infine più recentemente nel 1875 e nel 1954, quando il parroco, mons. Bernardino Barbato fece allungare la chiesa verso l’interno e fece dipingere le volte dal pittore napoletano Carmine Adamo, che ripercorse le varie fasi della vita religiosa del Santo patrono Marcellino. La prima costruzione era ubicata sul lato est della struttura odierna ed era realizzata in tufo e coperta a volta. Con il primo restauro cinquecentesco la chiesa fu ampliata verso destra presentandosi in un’unica navata, che non superava gli odierni tabernacoli laterali. La facciata è un tipico esempio di architettura neoclassica, divisa da quattro lesene, con capitelli compositi, culminante in un timpano. Nel 1875 all’ingresso della chiesa è stato costruita una scala in pietra arsa vesuviana. Con l’ultimo ampliamento novecentesco la chiesa fu allungata oltre l’abside ed abbellita di nuove opere d’arte.

 

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

La cappella si trova sulla strada più antica del paese, via Roma, che la costeggia sul lato sud.

Ha una pianta a croce latina, coperta da due falde, con un piccolo campanile annesso ad essa e una piccola sagrestia dietro l’abside. La costruzione un tempo assolveva il ruolo di cripta, era denominata Cripta Mannocchia.

La cripta, costruita in mattoni, sorse sul decumano sud-ovest, oggi via Roma. Varcato l’ingresso, sulla sinistra si trova una piccola scala, sorretta da un arco che porta nel locale inferiore dove trovano posto i loculi.

La chiesa conserva un antico affresco sopra l’altare risalente al XIV secolo, raffigurante la Madonna delle Grazie con Bambino sulle ginocchia e figura di Evangelista a destra, opera di anonimo autore, restaurato nel 1992.